IV Domenica di Avvento

d. Bernardo Artusi csl – Certosa di Firenze

 Mentre il cammino dell’Avvento ci ha portati ormai vicini al Mistero del Natale, siamo invitati a fare un nuovo passo verso la profondità, ad aderire in modo più pieno al disegno di Dio. Il testo di Isaia ci pone l’esempo del re di Giuda, Acaz, che nel 739 a.C. decide di allearsi con gli Assiri, piuttosto che con il regno di Siria e di Israele. Nonostante il richiamo del profeta a fidarsi di Dio, che non farà mancare a tempo opportuno il suo soccorso, Acaz si ostina a non chiedere un segno da parte di Dio. Nel profondo ha già scelto di seguire la sua visione delle cose, e decide di allearsi con la potenza nemica piuttosto che seguire le parole del profeta Isaia. Un atteggiamento assai rivelatore: finché non abbimo un reale rapporto con Dio, tendiamo a fidarci di noi stessi, e Dio ci piace seguirlo e servirlo finché fa quello che vogliamo noi. Vengono in mente tanti casi: come quelle famiglie, apparentemente tanto religiose, che diventano le più strenue avversarie della vocazioni dei loro figli, quando si profilano diversamente da quanto da loro immaginato. Così, una persona che manifesta una chiara vocazione alla vita claustrale, non di rado trova i suoi più forti oppositori proprio nei genitori, che fino ad allora avevano manifestato di essere tanto devoti. Insomma, quando Dio prende una iniziativa straordinaria e mette a soqquadro i nostri progetti, intervenendo nella storia – come è proprio di un Dio che ci previene e ci ama per primo –, è allora che emerge la nostra verità: la consistenza della nostra fede, oppure le illusioni religiose che crollano rovinosamente quando il nostro dio immaginato ci delude.

    Nella pienezza del tempo, al momento in cui Dio prende l’iniziativa di colmare ogni distanza nell’incarnazione del Verbo, emerge tutta la grandezza della fede di san Giuseppe. Giuseppe vive un dramma interiore, all’annuncio della gravidanza della sua promessa sposa, ed è orientato a licenziarla in segreto, cercando di proteggere Maria, di esporla il meno possibile alla pubblica riprovazione. Giuseppe sa che il bambino non è suo, e si trova in una situazione analoga a quella di Abramo: rinunciare al suo bene più caro. Ma Dio prepara per lui una via nuova di unione, di amore pieno. Ed ecco che si manifesta la giustizia, la rettitudine del cuore e la grandezza della fede di Giuseppe: egli adegua la sua vita al disegno divino, accetta di entrare interamente nei tempi e nei modi di agire di Dio, pur senza capire granché. Giuseppe dà la precedenza a Dio, al suo modo di agire sconcertante, e si fida. Così anche lui, insieme alla sua sposa, accoglie e genera nello spirito, con la sua docilità alla Parola ascoltata in sogno e nell’obbedienza della sua fede che mette Dio al primo posto.

    Anche a noi è chiesto di lasciare Dio libero di prendere iniziative nella nostra vita, e di lasciarlo agire liberamente nel suo modo paradossale, umanamente sconcertante. Il Bambino atteso, nasce “secondo la carne” e secondo lo Spirito, è Figlio della Vergine e dello Spirito Santo, e mantiene nel suo modo di essere e di agire questa sua duplice origine, divino-umana. In Cristo si manifesta una storia e una generazione divina e umana: l’Eterno si incontra con il tempo, il Creatore con la creatura, il Salvatore salva questa nostra “carne” mortale. Il suo duplice nome – di Emanuele, “Dio con noi” e di Gesù, “Dio salva” – rivela il suo segreto: non viene a mani vuote, questo Dio che si fa povero per noi. Divenendo uomo, il divino Bambino dilata con la sua ricchezza la piccolezza e la debolezza dell’essere umano a misura della vastità degli orizzonti di Dio. Ci rende partecipi della sua duplice origine: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quanti credono nel suo nome” (Gv 1,12), canteremo nel giorno di Natale. Dio salva la nostra autentica vocazione, la vocazione dell’uomo a vivere secondo la grandezza e il respiro del cuore di Dio.

    Chiediamo la grazia di accogliere la Parola e l’agire di Dio, anche se non capiamo sempre dove ci vuole portare. Chiediamo occhi per vedere come opera nella nostra povertà la ricchezza del suo amore, nella nostra piccolezza la grandezza della sua misericordia, nei nostri ristretti orizzonti, la bellezza e la creatività dello Spirito Santo.

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