II Domenica di Avvento

d. Bernardo Artusi csl – Certosa di Firenze

La liturgia di questa seconda Domenica di Avvento ci porta a contemplare la radice, il motivo della nostra più profonda speranza. Al tempo stesso, rinnova l’invito a stare svegli, a vigilare.

Possiamo sperare in pienezza perché Dio ci viene incontro, ci cerca da lontano e ha promesso che un germoglio spunterà. Esile come ogni germoglio al suo nascere, eppure forte della Vita di Dio, capace di farsi strada oltre ogni notte, ogni ostacolo, perché su questo germoglio, che ha salde radici ed è teso verso il cielo, si è posato “lo spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore” (Is 11,2), come canta Isaia lasciando intravedere un fedele ritratto del Cristo. Lui è il germoglio atteso, che si fa strada attraverso la crosta dura della nostra terra, della nostra umanità ottusa, per renderci partecipi dei suoi stessi sentimenti, per farci parte della sua Vita che può capirsi chiaramente, senza ombre, con il Padre, sorgente di ogni bontà e con il suo Spirito, che si può posare finalmente su un figlio dell’uomo, viva immagine del cuore del Padre. Questo germoglio, crescendo, “farà sentire la sua voce potente per la gioia del nostro cuore”, canta l’antifona d’ingresso. In Lui ci è promesso un battesimo, un’immersione piena in “Spirito e fuoco”, mandato per compiere la sua azione purificatrice raccogliendo i figli di Dio dispersi e bruciando la paglia (cf Mt 3,12) inutile delle nostre illusioni. 

Sì, le nostre illusioni sono meno che paglia esposta al fuoco, eppure facilmente fanno breccia nel cuore, fanno breccia nel nostro immaginario, soprattutto nella nostra mentalità religiosa. Incontriamo qui l’altro richiamo della liturgia odierna, quello alla vigilanza e alla conversione. Un richiamo che questa volta suona con la voce austera e quasi violenta del Battista: “Razza di vipere”, afferma rivolgendosi ai farisei e sadducei presenti. In realtà si rivolge a tutte le persone, di ogni epoca e religione, che si sentono perbene, a posto con Dio. Coloro che sono vittime delle loro illusioni religiose, assai pericolose, perché confondono la docilità a Dio con la soddisfazione personale e il perseguimento dei propri progetti personali. Questo atteggiamento porta a non incontrare il Dio vivente, a non lasciarsi incontrare da Lui, creando come uno schermo illusorio che impedisce la vera visione. Se non si arriva a rinunciare al nostro amor proprio e alle nostre pretese, non possiamo fare un passo per corrispondere ai progetti d’amore che Dio ha per noi. Corrispondere alla voce, autorevole e mite, che ci chiama da dentro, che ci sorride, dentro, avrebbe detto un mio amico. Allora Dio finisce per essere a servizio dei miei progetti: finisce per diventare il mio assistente universitario, direbbe qulcuno, la mia badante, o se si preferisce, il notaio che si limita a certificare le mie aspettative e la mia giustizia. A un tale Dio, si voltano presto le spalle, con delusione, perché Dio ci vuol bene e non può che deludere le nostre illusioni cieche. Anche la Chiesa deve sentirsi richiamata: non diventare pula destinata al fuoco a causa della sua rassegnazione alla mediocrità, che è l’altra faccia del perfezionismo supponente che fa a meno di Dio. Scivola presto nella mediocrità. 

Al grande pericolo dell’illusione religiosa fa da controcanto l’umile accostarsi di tante persone al Battista, semplicemente “confessando i propri peccati”. Sono stati attratti da quell’annuncio: “Il regno dei cieli è vicino”, e desiderano esserne sfiorati, non restarne fuori. E davvero nessuno è escluso, perché nessuno è pronto a priori, nessuno è a posto. Non servono sforzi di buona volontà, accenni di buoni condotta, propositi o decisioni, tutte cose inutili. Conta ammettere la propria debolezza, constatare un fallimento. Umanamente, ci sono tanti motivi per non confessare i propri peccati: perché li ignoriamo, perché ci autogiustifichiamo, perché prevale la vergogna, spia del fatto che non si è ancora conosciuto un amore così grande da neutralizzare ogni confusione e guarire il nostro senso di colpa. Non si è ancora conosciuto il vero Volto di Dio. Ogni confessore sa, invece, che il peccato nascosto, rimosso, avvelena e uccide. Esposto alla luce dello sguardo di Cristo, il peccato è invece confessione e certezza della Misericordia che copre il peccato e ci abbraccia, come solo l’Amore, divinamente, sa fare.

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